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Addio a Ingrao, il fasciocomunista cresciuto tra Bottai e Zangrandi. Onore delle armi, ma solo gli archivi riveleranno chi fu realmente.

  • 28 Settembre 2015

Una vita simbolo del ‘900, il secolo delle ideologie. Cento anni. Tutti vorremmo viverli così, attraversando la Storia italiana e mondiale. La morte di un avversario di cui non si condivide la visione della vita e del mondo merita “l’onore delle armi”. Pietro Ingrao merita il rispetto che si deve ad un grande intellettuale e poeta. Ma fu sempre comunista? A leggere gli auguri per i suoi cento anni che lo storico di sinistra Aldo Giannuli gli ha dedicato a Marzo,  anticipandosi il lavoro di qualche mese, si scopre in realtà che Pietro Ingrao non ebbe mai il coraggio giusto al momento giusto.

Fu antifascista, ma scriveva su La Ruota, diretta da Meschini, e partecipava ai Littoriali vincendoli con una lirica per la fondazione di Latina.  Da sinistra gli rinfacciano di essere stato ambiguo, con Zangrandi e altri, trai fascisti di sinistra all’ombra di Giuseppe Bottai. Ma molto di più gli rinfacciano di aver sbagliato nel 1956 sull’Ungheria sostenendo la repressione sovietica – lui stesso riconobbe di aver sbagliato radicalmente- e addirittura votando a favore dell’espulsione del gruppo de Il Manifesto che, ironia, erano quasi tutti ingraiani. Chissà. Mitrokhin riportò , nel dossier Impedian, i giudizi poco lusinghieri che Mosca dava su Pietro Ingrao giudicandolo superficiale e astratto. Ma entrò in contatto con Ruggero Zangrandi che da fascista di sinistra si rivelò essere una spia al servizio dei sovietici.

Insomma, solo gli storici e gli archivi ci diranno la verità su chi davvero è stato l’Ingrao giovane fascista eretico e poi comunista filosovietico, infine, grillo parlante e isolato di una sinistra in crisi di identità.

Lo vogliamo, comunque,  omaggiare con questi bei versi tratti dalla sua stessa lirica. “Coro per la nascita di una città” (Littoria, oggi Latina)  vincitrice del Premio «Poeti del Tempo di Mussolini», indetto dal settimanale Federale “L’Artiglio” e assegnato a Bagni di Lucca il 18 agosto 1935.

“…Così tu porti le nostre radici

di sogno e di pena

e nelle calme sorgenti

lievitanti dalla palude

s’è sciolta la nostra sete

come allodola

si scorda nel cielo

com’angelo si perde nel Signore.”

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