di Tommaso Foti*
Poco rileva se lo qualifichino documentario o film. E ancora meno se a realizzarlo, a metterci mano, e’ stato uno degli esponenti ritenuto il meno comunista dei comunisti. Walter Veltroni, con il suo “Quando c’era Enrico Berlinguer”, ha ricollocato nella storia politica italiana, dopo una lunga stagione di “rimozione”, uno degli ultimi grandi leader dei comunisti italiani. Ne prendo atto da uomo di destra, sempre più sgomento di fronte ai tanti voltafaccia di chi, avendo vissuto nella mia stessa comunità politica, ritiene oggi di potere rappresentare idee e valori – per la difesa dei quali per diversi lustri ci siamo strenuamente battuti – in un partito (Forza Italia) che, nato in altro contesto politico e con differenti finalità, non può certo riassumerli.
Non vedo ragioni per le quali, mentre la sinistra rivendica e ricorda la stagione politica di Berlinguer, la destra non deve fare altrettanto per Almirante.
Convinto che come i piselli stando a lungo nel barattolo ne assumono l’odore, anche gli uomini stando al potere s’impregnano del fetore, sono ancora più convinto che spetti a coloro che la destra delle idee (e non delle poltrone) vogliono rappresentare, di degnamente ricordare il centenario – che cade quest’anno – della nascita di Giorgio Almirante.
Un uomo, Almirante, che comunque la si pensasse, ancorché escluso da ogni salotto del potere, seppe occupare uno spazio nella vita politica italiana decisamente superiore al peso del suo partito, il M.S.I, che non si stancò mai di volere più forte e più grande. Un uomo, Almirante, che nel 1972 – dando vita alla Destra Nazionale – cercava di superare la profonda divisione determinata dalla guerra civile, portando sotto la stessa bandiera donne e uomini che si erano battuti su opposti fronti.
Un uomo, Almirante, che nel 1975, creando la Costituente di Destra per la Libertà, gettava il primo seme per fare crescere, in un mondo che ne era del tutto privo, la cultura di una destra di governo – non di potere – che potesse in un futuro rappresentare l’approdo naturale per quei milioni di italiani che votavano la Democrazia Cristiana non perché ne fossero entusiasti, ma unicamente in funzione anticomunista. Un uomo dagli occhi luminosi, Almirante, tanto gentile nel tratto ed ineguagliabile nell’oratoria, quanto fermo e inflessibile nel pretendere il rispetto per la sua comunità politica.
Un politico, Almirante, che a piedi e senza scorta alcuna andò a rendere l’onore delle armi proprio a quel Berlinguer che nell’immaginario collettivo era il “nemico naturale”, ma che nella visione politica di Almirante era “il principale” dei suoi numerosi avversari. Certo, come tutti in quegli anni, Almirante fu uomo di passione, senza però farsi troppo contaminare dalla fazione: glielo impediva quella formazione culturale, da Virgilio a Dante, che gli fu inseparabile compagna per tutta la vita.
Un politico, Almirante, di gran lunga più amante dell’Italia che della sua parte politica. Un grande italiano, insomma, prima ancora che un irripetibile leader politico.
Spetta a Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale – che orgogliosamente ed unica tiene alta e viva la bandiera della destra – e, in particolare, alla sua giovane classe dirigente l’onore di degnamente ricordare Giorgio Almirante.
*Dirigente nazionale di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale, deputato dal 1996 al 2013